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Il mondo di oggi e quello di ieri


Mi sorprendo a pensare come sia diverso il mondo di oggi rispetto a quello in cui gli uomini hanno vissuto per millenni.
Un tempo era la selezione naturale a decidere chi doveva farcela e chi doveva perdersi per strada, e questa pur terribile verità seguiva leggi misteriose che l'uomo non poteva in nessun modo controllare. La differenza era data dalla salute dalla forza fisica e dallo stato sociale ed era indipendente dalle scelte degli uomini ; chi nasceva in una famiglia ricca viveva e godeva dei privilegi che gli derivava dal casato, chi nasceva nelle classi più umili poteva solamente emulare i padri che a loro volta avevano emulato i loro padri.
Gli operai insegnavano ai loro figli l'arte di usare le mani , i ciabattini quella di creare scarpe , i fabbri quella di plasmare e forgiare il ferro, i fornai quella di cuocere il pane e tutti loro , quando era il momento , gli lasciavano il loro posto e al resto pensava la natura , incontrastata padrona della salute degli uomini. In un mondo dove si viveva di meno, dove si poteva morire per malattie che oggi si possono curare con un'aspirina, tutti avevano un loro ruolo, tutti avevano una strada predestinata . Potevano seguirla o abbandonarla ma questo dipendeva solo da una loro libera scelta.
Ora non è più così, almeno nel mondo modernizzato.
Il padre di mio nonno costruiva biciclette e mio nonno ha imparato da ragazzo a costruirle , ma non lo ha potuto insegnare a mio padre ne lui a me ne, tanto meno, io a mio figlio, perché oramai nessuno più costruisce biciclette artigianalmente.
Ci pensano grandi industrie a farle e la loro produzione non è più in Italia ma in qualche paese asiatico.
E lo stesso discorso vale per le scarpe, per i vestiti, e tanti altri lavori di cui si sta perdendo anche la memoria.
. Si è spezzato per sempre quel filo forte che univa le varie generazioni, si è perso il bene prezioso di capacità artigianali che davano ad ognuno un ruolo preciso nella società.
Oramai la maggioranza dei padri non hanno più un mestiere da lasciare in eredità ai loro figli , una prospettiva che sia abbastanza solida da permettere loro di costruire su di essa il loro futuro, o, se preferiscono, da abbandonare per seguire le loro aspirazioni. Anzi, come nel mio caso , debbono dipendere da loro per essere aggiornati sul vortice del progresso che da soli non sanno inseguire, devono trasformarsi da maestri in allievi, per poter sopravvivere , diventare ostacoli, anziché propulsori del cammino dei loro figli, rubare , per la sopravvivenza, il loro spazio vitale.
La nostra generazione, grazie anche al progresso della medicina e alle migliori condizioni generali di vita, è destinata a rimanere sulle spalle dei loro figli tanto a lungo da incidere in modo grave sul loro futuro, giacche il loro lavoro dovrà servire per troppo tempo alla nostra prolungata vecchiaia. A discapito della loro esistenza di quella dei loro figli
C' è qualcosa di perverso in tutto questo, di inumano, di inaccettabile., di profondamente ingiusto e soprattutto di terribilmente pericoloso per la sopravvivenza stessa della razza umana-

Per questo non posso accettare che mio figlio rinunci ai suoi sogni, che già ora gravi se stesso della responsabilità di provvedere anzitempo a noi a discapito di se stesso.
Mio figlio tace ma so che soffre e questo è per me fonte di una grande pena.


Sarebbero bastato ancora tanto poco: Ancora tre o quattro anni di lavoro e tutto avrebbe un altro aspetto, un altra drammaticità. Mi avessero fatto lavorare ancora il tempo necessario per permettere a mio figlio di laurearsi, di trovare un buon lavoro e di incamminarsi lungo la sua strada ed ora il futuro sarebbe molto meno tenebroso. . Mi sento come un maratoneta che è inciampato alla vista del traguardo e che teme di non riuscire più a compiere quel breve tragitto che lo conduca oltre quella sottile linea che divide un vincitore da un perdente. Per trent'anni ho lavorato con l'unico fine di vedere realizzati due semplici scopi: Assicurare una vecchiaia dignitosa per me e mia moglie, e dare un futuro a mio figlio, ed ora mi ritrovo a veder allontanarsi ambedue questi traguardi.
Sono un uomo congelato, troppo giovane per poter andare in pensione e, forse , troppo vecchio per trovare un lavoro decente.
Leggere gli annunci su internet è una continua , dolorosa, disillusione. I pochi lavori offerti sembrano creati per un mondo che non mi appartiene sia per limiti di età sia per preparazione specifica. I pochi che possono riguardarmi sono così generici da far dubitare in partenza dell'effettiva possibilità di essere scelto tra tanti, tanto più che io non ho nessuno che possa spingere in alto la mia candidatura.
E' questo il vero dramma, questa la realtà contro cui vado a sbattere quotidianamente.
Sembra che chi abbia superato i quaranta anni, e non sia altamente specializzato, non abbia più alcun diritto da reclamare, alcun valore sul mercato: . E questo è paradossale perché quotidianamente ci vengono propinati personaggi che da decenni oramai dominano le scene, resi inamovibili dalla loro pretesa di essere insostituibili, resi tali dalla mancanza di coraggio di chi comanda , di scegliere delle strade nuove. Essi restano a galla a dispetto dei giovani e a disprezzo dei meno fortunati , restano in auge approfittando e fomentando la lotta tra i rincalzi per un posto in seconda fila, tra gli ultimi per non precipitare nel burrone. Restano li ad aumentare a dismisura la loro ricchezza a spese della sempre maggiore povertà degli altri .
Il paese è in crisi, i poveri aumentano, il lavoro manca e i giovani non hanno futuro, ma i soliti noti ben si guardano dal farsi sfiorare dall'idea di rinunciare a qualcosa per dare a chi non ha più nulla, e tanto meno accettano di mettersi da parte.: Sono abbarbicati al loro posto, inamovibili come un tempo erano i sovrani , con un piede nella fossa, eppur convinti di essere insostituibili. Tuttalpiù possono accettare di sottrarsi dalla luce dei riflettori, di tenersi nell'ombra, ma mai di lasciare il potere a chi è più giovane di loro, ancor più se portatore di idee nuove. Il nostro è un paese di vecchi , un paese in cui sono tutelati solo coloro che possiedono qualcosa, una carica pubblica , un lavoro, una pensione a discapito di coloro che queste cose le perdono ( come me ) e di chi ancora le deve ottenere ( i giovani )

La chiamano “ flessibilità “ ma il suo vero nome è “ sfruttamento “ per non dire “ forma moderna e altamente sofisticata di “ schiavitù “.
Io non la conoscevo questa parola, Confesso di essere vissuto per trenta anni in una sorta di paradiso tutelato e protetto, e per quanto ne sentissi parlare, non mi rendevo conto di come funzionasse il meccanismo. Ora che sono entrato a pieno titolo nell'infernale ingranaggio posso comprendere di quale nefandezza si tratta. In pratica io, e quelli che come me sono alla ricerca di un lavoro, siamo inseriti in un data base al quale possono attingere le ditte che hanno bisogno di personale a buon mercato. Si viene contattati e assunti con un contratto a tempo determinato. Questo può essere prorogato, ma oltre un certo limite un ulteriore proroga trasforma , per legge, il contratto da determinato a indeterminato.
Ed è qui che si svela l'inganno. Un contratto a tempo indeterminato è gravoso per un datore di lavoro sia per quanto riguarda i costi che per quanto riguarda la sua possibilità di gestirlo. Al contrario per un dipendente ottenere contratto un contratto a tempo indeterminato significa acquisire dei diritti che lo rendono più padrone della situazione , meno alla mercede del padrone . Diventa scomodo
Per questo , per molti datori di lavoro, e soprattutto per quanto riguarda lavoratori a bassa qualifica professionale, è più conveniente non rinnovare questi contratti alla loro scadenza, ma effettuare sempre nuove assunzioni, garantendosi così sempre mano d'opera a buon mercato e poco vincolante.
Per alcuni ( la maggior parte ) è solamente speculazione, per altri è una scelta dettata dalla necessità di avere strutture snelle e meno gravate di carichi fissi , soprattutto oggi che tutti siamo chiamati a fronteggiare la globalizzazione e la concorrenza di paesi che hanno un costo del lavoro molto più basso del nostro.
Ma dal punto di vista umano tutto questo mi appare terribile,uno spregio al diritto di vivere e, oltretutto drammaticamente sbagliato anche dal punto di vista economico. Pur non arrogandomi conoscenze in campo finanziario il mio buon senso mi spinge a chiedermi cosa accadrà quando successive generazioni di giovani si assommeranno sul mercato del lavoro, formando un esercito di precari senza prospettive certe per il futuro? Quanti di loro riusciranno a rendersi indipendenti , sposarsi , fare figli, e quanti invece, schiavi dell'incertezza per il futuro, finiranno per restare vincolati alle loro famiglie d'origine, aggravandone così la situazione economica e consumando le risorse accumulate da padri che hanno avuto la fortuna di vivere in un epoca in cui il lavoro non era una chimera e il costo della vita era ancora sopportabile ? .
Cosa accadrà quando queste risorse saranno finite e quelli della mia generazione ( l'ultima ad aver conosciuto un barlume di sicurezza ) non saranno più in grado di aiutare i loro figli e i loro nipoti a sopravvivere e , aumentando la durata della vita , finiranno con il diventare, a loro volta , un grave peso sulle loro spalle ?
Mi sembra che tutti coloro che avrebbero il dovere di affrontare seriamente queste questione a livello planetario stiano facendo come i protagonisti del “ Decameron “ di Boccaccio: Si siano volontariamente rinchiusi in una villa a raccontarsi delle belle “ novelle “ mentre , oltre le mura, infuria la peste. Sono preoccupati solamente di assicurarsi la loro incolumità e i loro piaceri, a fingere di poter ignorare la verità che li assedia , ad auto-illudersi che le scorte della loro dispensa siano sufficienti a portarli oltre la crisi , che il loro cibo non diventi troppo presto immangiabile e la loro acqua imbevibile e soprattutto che la gente fuori sia troppo indaffarata a cercare di sopravvivere per farsi venir l'idea si assaltare il loro rifugio, abbatterne le porte e trascinarli con loro nella polvere.

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Assurdità di una triste esperienza

E' assolutamente incredibile quello che sta accadendo. Passando davanti ad una delle innumerevoli ( ? ) agenzie del lavoro sono astato attratto da un annuncio urgente di ricerca di personale che richiedeva tutto le caratteristiche che io posseggo- . Speranzoso sono entrato ed ho parlato con una gentile signorina che non solo mi ha mi ha confermato che avevo tutti i requisiti richiesti per quella mansione , che avrebbe al più presto inviato la mia candidatura e che sicuramente sarei stato al più presto contattato dalla ditta richiedente per un colloquio.. Avrei solo dovuto fornire al più presto un documento che completava la mia richiesta. Essendo venerdì. siamo rimasti d'accordo che il lunedì successivo sarei ripassato per completare la pratica..
Naturalmente non potevo illudermi più di tanto, sapevo bene che sicuramente non sarei stato l'unico a possedere gli stessi requisiti e per di più quel lavoro non solo non rappresentava il massimo delle mie aspirazioni ma era molto modesto rispetto al mio bagaglio di esperienza, al mio titolo di studio e alle referenze che posso mostrare, ma quella signorina mi era apparsa assai possibilista e questo mi ha fatto pensare che quello poteva essere un , seppur flebile , raggio di luce giunto a squarciare un cielo carico di nubi nere e minacciose. Sono stato felice quando ho potuto dare quella piccola notizia a mia moglie,e leggere nei suoi occhi quello stesso barlume di rinnovata speranza che era nel mio cuore. Per la prima volta , dopo due mesi di ricerca vana, abbiamo potuto passare un fine settimana meno preoccupato.

Ma il lunedì tutto è cambiato. Quando mi sono ripresentato a quella agenzia con il documento che mi mancava ho ricevuto il classico getto di acqua ghiacciata che ha spento in un attimo tutte le flebili fiammelle della mia speranza. La stessa signorina che solo due giorni prima era sembrata ottimista, nel prendere il mio foglio mi ha detto.
“ E ' tutto fermo!” -“ Hanno dei problemi sul rinnovo di alcuni contratti e per il momento......... “”
Era durato solo un attimo quel piccolo squarcio tra le nubi, subito la coltre nera delle nubi aveva ripreso ad oscurare il mio mondo.
Ora non so cosa possa essere accaduto, non so se sono stato ingannato dall'incompetenza o dall'ignoranza dei fatti di quella ragazza, o forse la crisi di lavoro è così virulenta da far sparire in un attimo ogni pur minima possibilità di lavoro, o una raccomandazione così potente da togliere r di mezzo in un istante ogni altro possibile candidato, So solo che ora sento irrompere in me una miscela esplosiva di incredulità mista a rabbia e disperazione.
Ma ora sto cercando di capire , per quanto inutile possa essere farlo, almeno dal punto di vista della sostanza, sto cercando di capire meglio come funzionano le cose.
Mi è venuto il sospetto che tutta questa gigantesca rete di agenzie del lavoro interinale non sia altro che una grande macchina costruita ad hoc per divorare i soldi dello stato e dei contribuenti. E che il loro fine primario sia quello di riempire le liste dei loro iscritti per dimostrare di svolgere un lavoro per il quale chiedere sovvenzioni. Non mi stupirei che si ripetesse la famosa storia dei carri armati di Mussolini, cioè di quelle imponenti sfilate di mezzi militari che erano formate dagli stessi che giravano in tondo. Fumo gettato negli occhi, propaganda politica, illusioni che la verità regolarmente si affretta a distruggere in modo atrocemente doloroso ma che serve allo scopo di celare il clientelismo e la raccomandazione imperante, il gioco delle caste.
Un tempo non era così, sono abbastanza vecchio per ricordare gli uffici di collocamento,. Una volta iscritti alla lista si entrava in una graduatoria secondo regole abbastanza chiare. Questo non impediva il funzionamento dell'italianissimo sistema delle raccomandazioni ma almeno offriva dei punti di riferimento.
Ma a quell'epoca non esistevano ancora le diavolerie moderne, non esisteva la “ flessibilità “ il “ lavoro interinale “ I famigerati “ Co Co Co” e tutte quelle astruse sigle che oggi frammentano il mondo del lavoro.

Nei primi anni ottanta, quando io mi sono affacciato sul mondo del lavoro, il timone del comando era ancora saldamente in mano a “ imprenditori che provenivano dal mondo del lavoro, che molto spesso conoscevano l'altra faccia della medaglia perché erano stati anche loro lavoratori.
Non era raro vederli con addosso una tuta sporca come le nostre, dirigere i lavori. Questo non impediva loro di fare i loro affari ma almeno consideravano i loro dipendenti come esseri umani.
Ricordo personalmente che , per quanto la mia giovanissima età mi facesse provare verso il mio “ padrone “ una certa suggestione, ero felice quando mi rivolgeva la parola , sempre con gentilezza e mai con arroganza, vedevo in lui la figura di un nonno., sapevo che mi conosceva e provava una sorta di affetto per me come per tutti gli altri suoi dipendenti.
Eravamo esseri umani e non semplici numeri su bilanci aziendali., e noi tutti sapevamo che in caso di gravi difficoltà personali non si sarebbe tirato indietro, potevamo contare sul suo aiuto, come lui sapeva che ci saremmo fatti in quattro per soddisfare le sue esigenze, che erano anche le nostre. Viveva nel benessere ma senza inutili ostentazioni e soprattutto non dimenticava mai che la sua fortuna era frutto del sacrificio sia loro di tutti Naturalmente tutto questo non gli impediva di essere inflessibile per quanto riguardava il lavoro, terribile di fronte a gravi negligenze ma queste erano rare perché tutti ci si sforzava di non deluderlo ed erano gli operai anziani che si prendevano il compito di calmare le teste calde.
Poi questi “ Signori “ ( nel temine più nobile della parola ) hanno lasciato le redini ai loro figli e la musica ha iniziato a cambiare.
I nuovi padroni non provenivano più dal mondo del lavoro, molti di loro avevano studiato all'estero, in America, in Inghilterra ed erano tornati, da quelle realtà tanto diverse dalla nostra, con una mentalità e con delle istituzioni che non appartenevano alle nostre tradizioni. Non erano più “ datori di lavoro “ ma “ Manager “, esperti in economia ma poco preparati sulle problematiche problematiche del lavoro, conoscevano tanta teoria e poca pratica.
Le rare volte che scendevano tra i loro dipendenti non indossavano tute sporche ma begli abiti firmati e quando andavano via dalla fabbrica lo facevano a bordo di macchine da sogno. Non conoscevano i loro dipendenti e l viceversa, non c'era tra di loro l'antica solidarietà di un tempo. Lentamente ma inesorabilmente il lavoro ha iniziato a perdere il suo valore .
Le aziende , da padronali, si sono trasformate in S. p. a ed invisibili amministratori delegati hanno preso il potere E con esse è sparito quel rapporto umano che permetteva al dipendente di sentirsi parte integrale del posto in cui lavorava, e il lavoro ha perso la sua anima trasformandoci tutti in semplici ingranaggi, in numeri di matricola, volti anonimi, il cui valore è valutabile solamente in funzioni di costi e di ricavi.
Ed ecco che si è smesso di assumere apprendisti ai quali la vecchia generazione che stava per distaccarsi dal mondo del lavoro avrebbero potuto insegnare i loro segreti perché questi costavano e non potevano avere un rendimento immediato.
Si è smesso di assumere direttamente il personale e preferito ricorrere agli appalti perché permettevano di dilazionare i pagamenti , non caricavano le aziende di costi diretti. e potevano essere sostituiti facilmente con altri meno onerosi.
Questo ha avuto come conseguenza lo scatenarsi di una concorrenza tremenda basata non sulla qualità ma sui costi e questo ha finito per incidere negativamente sia sui prodotti che sulle condizioni di vita sul lavoro.
. E tutto questo mentre il progresso tecnologico faceva inesorabilmente sparire decine di professioni e inondava il mercato di prodotti sempre più simili tra di loro ( proprio perché prodotte da stupide macchine e non più dall'ingegno e dalla creatività umana ) di minor costo , ma anche di minor qualità e di dubbia necessità , ma che l'uso ossessivo e martellante della pubblicità rendeva attraente se non addirittura indispensabile.
E così anche le classi meno fortunate hanno iniziato a voler possedere quel superfluo che ora non appariva più irraggiungibile ma a portata di mano, innescando così una spirale diabolica di indebitamenti ( pagati con tassi d'interesse da strozzinaggio legalizzato ) che ha innestato un tale giro di soldi da rendere ancor più allettante l'investimento finanziario ( che garantiva un enorme guadagno immediato ) rispetto a quello sulla produzione. Questa veniva spostata progressivamente sempre più verso paesi stranieri e sottosviluppati che garantivano manodopera a buon prezzo, minori ( se non zero ) rivendicazioni salariali e controlli sulla sicurezza e salute della manodopera.. Mentre per quelle aziende che non potevano essere dislocate altrove la parola d'ordine è diventata “flessibilità “ pratica ad una forma moderna e legalizzata di sfruttamento che , in certi casi nemmeno troppo rari, sconfina in una sorta di schiavitù .
Nel contempo si investiva sempre di più in in prodotti finanziari , trascurando la ricerca e le innovazioni , con occhi che sapevano cogliere solamente la possibilità di un tornaconto immediato ma miopi di fronte al futuro.
E il gioco è stato ( ed è ) tanto allettante da coinvolgere tutti , a partire dagli stati nazionali , alle grandi industrie multinazionale fino ad arrivare ai più umili cittadini. Chi aveva il capitale e lo vedeva accrescere di valore in modo spesso vorticoso si era convinto che finalmente l'uomo avesse scoperto l'alchimia di trasformare se non il piombo in oro almeno la carta in moneta. .
Si è così scatenata un orgia tale da far cadere ogni controllo sul mercato, ci si è illusi che si potesse lasciare il capitalismo libero convinti che avesse la capacità di controllare se stesso , gli anticorpi necessari per curare ogni possibile anomalia. E questa illusione si è ancor più accentuata dopo la caduta del muro di Berlino che ha eliminato definitivamente ogni ideologia che contrastasse, in qualche modo, quella oramai dominante. E mentre il mondo occidentale trionfante e sicuro di poter reggere le redini del mondo intero controllandone i flussi finanziari , festeggiava quel fiume di ricchezza consumando da solo l'ottanta per cento delle risorse mondiale, senza accorgersi che , dall'altra parte dell'emisfero, due miliardi di formichine si iniziavano a rendersi conto che , non solo che avrebbero potuto iniziare a produrre non più solo per l'altrui ricchezza ma anche per la propria e soprattutto che la rivoluzione informatica alle porte, largamente trascurata in occidente, gli avrebbe permesso di prendere il controllo, pressoché monopolistico, delle nuove tecnologie.
La storia , del resto, è piena di aneddoti rivelatori dell'ottusa cecità dei “ cervelloni “ che, all'epoca, guidavano le economie dell'occidente. Famosa è la fatidica sentenza di un alto dirigente dell' I. B .M che ebbe a dire : “ Cosa ci potrebbero fare le famiglie americane con un computer in ogni casa ? “
E così si è ripetuto il fenomeno che già era accaduto anni prima con il Giappone, Centinaia di ingegneri e tecnici cinesi, indiani e coreani si sono sparsi per il mondo ed hanno carpito i segreti della tecnologia occidentale, l' hanno perfezionata ed hanno iniziato a produrre , a costi irrisori rispetto ai nostri , concentrandosi particolarmente in quei campi che erano snobbati dalle grandi industrie occidentali perché non sembravano assicurare lauti e, soprattutto, immediati guadagni. Con il risultato che oggi essi posseggono il monopolio assoluto sulle nuove tecnologie e noi da produttori siamo oramai diventati solo consumatori.

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Considerazioni sulla superiorità delle donne


Mia moglie è un angelo con la tempra di un guerriero. Mai, in trenta e più anni di matrimonio , è venuta meno la mia profonda stima per lei, ma ora lei è diventata la mia eroina. Nella mia vita ho fatto molti errori, ho preso decisioni sbagliate, ho avuto sviste clamorose e formulato e creduto ciecamente ipotesi rivelatisi poi assolutamente errate, ma una cosa sicuramente non l' ho sbagliata: Averle chiesto di condividere la sua esistenza con la mia. E se c'è un rammarico nella mia mente è proprio quello di averle impedito, chiedendogli e dandogli amore, di trovare qualcun altro che avrebbe potuto darle avere una esistenza migliore di quella che gli ho offerto io
A volte , scherzando ( ma non troppo ) le dico : “ Ma chi te lo ha fatto fare di prendere me, avresti potuto ottenere senza fatica, qualcuno di molto migliore di me ! “ E lei, con lo stesso stupendo sorriso che mi ha ammaliato trent'anni fa mi risponde : “ io sono felice così ! “ e così dicendo da un senso alla mia vita.
Dopo tanti anni ha mantenuta intatta quella freschezza, quella solarità dell'anima e quella voglia di vivere che io temo di aver , almeno in parte, perduta, perché, nonostante si abbia la stessa età, io mi sento spesso più vecchio di lei ma molto meno saggio. E soprattutto molto meno forte.
Ci siamo conosciuti che avevano diciannove anni, prima di lei, nella mia vita solo ombre fugaci spazzate via da una sua risata, insieme a lei una estate interminabile, dopo di lei il vuoto assoluto.
Perché lei è il senso della mia stessa esistenza., lei è l mia guida, il mio faro nella tempesta, il mio approdo sicuro.
Non posso nemmeno concepire l'idea che potrei fare a meno di lei, della sua forza d'acciaio ma serena, della sua capacità immensa di capire al volo le situazioni, e immediatamente elaborare delle situazioni, di non lasciarsi mai afferrare dallo sconcerto ne dalla tentazione dell'auto-compatimento.
Anche in questo frangente estremo ed imprevedibile lei mi ha dimostrato di quale tempra d'acciaio sia fatta. In un attimo ha rivoluzionato la sua esistenza, capovolgendo abitudini oramai decennali.
Ha trovato da lavorare , accettando di svolgere mansioni umili e faticosi che la tengono fuori di casa parecchie ore, senza che , per questo, venga minimamente meno la sua attenzione nei riguardi della sua famiglia, la sua capacità di occuparsi di noi, e , soprattutto , senza che dalla sua bocca esca il minimo lamento o il minimo rimprovero per le mie scelte errate che ci hanno condotto a questa situazione.
Ha semplicemente forzato i suoi limiti, aumentato le sue prestazioni già eccellenti, attinto più in profondità in quel serbatoio senza fine di energie che gli vengono dall'immenso amore per la sua famiglia e dalla sua immane forza morale e psichica.
Mi struggo di tenerezza quando la vedo crollare la sera, addormentarsi stremata da ore di ininterrotto lavoro, eppure sorridente. Adoro quel suo dolce viso che nemmeno lo strenuo delle forze riesce a segnare, Quante ore lavora e quanto andrebbe remunerato il suo lavoro ? Nessun altro lavoro potrebbe meritare onori e ricompense come il suo perché nessun uomo al mondo potrà mai essere in grado di eccellere tanto in tanti campi diversi.
La mia compagna, e centinaia di altre donne che, come lei, svolge con amore e passione un lavoro che è composto da tanti lavori , che ha di mille sfaccettature diverse. Avrebbero tutte il diritto assoluto di un riconoscimento che la società nega loro.
Bisognerebbe che i tanti uomini, che ancora sono convinti di appartenere al così detto “ sesso forte “ avessero l'opportunità di osservare minuto per minuto la giornata lavorative delle loro donne, quel loro miracoloso riuscire ed essere mille cose contemporaneamente e tutte in modo eccelso: madri e mogli, amiche ed amanti, confidenti , infermiere , parrucchiere, cuoche,sarte e lavandaie, maestre , professoresse, educatrici e psicologhe. E poi: . parrucchiere , imbianchine ed elettriciste quando occorre, segretarie , economiste e manager, direttrici e ed esecutrici..
Allora scoprirebbero quanto sia scarso il loro effettivo contributo, insignificante la loro presenza, al confronto. Quanto sia totalmente ingiustificato il piedistallo di superiorità su cui , troppi di loro, si ergono immeritatamente.
Occorrerebbe davvero che noi uomini si ammettesse , una volta per tutte, la nostra inferiorità di fronte a loro, che si accettasse l'idea che il più grande tra di noi; Re, illustre scienziato,, capo di governo, generale, artista, manager di un impero economico che sia, è pur sempre un essere inferiore di fronte alla più umile delle donne , infinitamente meno capace, meno duttile e flessibile, intelligente e forte.
Qualcuno ha detto che dietro ai grandi uomini ci sono grandi donne, ma io credo che la verità sia diversa; Credo che dietro a grandi donne ci siano uomini un poco meno mediocri degli altri .