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Considerazioni sul ruolo delle casalinghe


Ora non dovrei essere qui, di fronte alla tastiera di questo computer a scrivere queste cose che nemmeno io , probabilmente , rileggerò. Dovrei essere sul mio posto di lavoro, a compiere il mio dovere di uomo, di padre e di marito. Dovrei poter assumere il mio ruolo affinché lo schieramento di battaglia della mia famiglia non mostri punti scoperti ed indifesi in quella battaglia che è la vita.
Invece sono qui, incatenato a questa sedia, computer aperto ad aspettare un messaggio di risposta alle tante richieste d'aiuto che ho mandato.
Sono passati tre mesi da quel fatidico giorno in cui mi sono ritrovato senza un lavoro e nel frattempo ho mandato il mio curriculum vitae a decine di annunci di lavoro, mi sono raccomandato a tutti i pochi santi del mio paradiso, ho bussato a mille porte e effettuato altrettante telefonate,senza ottenere alcun risultato e, ancor peggio, senza ricevere risposte.
Mia moglie nel frattempo ha preso in mano la situazione ed ha trovato da fare delle ore nelle di pulizie nelle case altri e così quell'equilibro che ha retto per anni la nostra famiglia si è spezzato e ora tutto il peso grava sulle sue spalle . Non so dire quanto questo mi rattristi e umili, tanto più che vorrei darle una mano almeno nelle faccende di casa, rifare i letti, spazzare, dare un cencio in terra, lavare i piatti ( la nostra lavastoviglie si è rotta proprio nel momento più opportuno, non può essere riparata ma deve essere sostituita, tanto per dire la fortuna ) imparare a cucinare qualcosa, ma lei non vuole assolutamente. E' troppo gelosa delle sue prerogative, troppo innamorata del suo piccolo regno per permettere a qualcuno di interferire nella sua conduzione, preferisce massacrarsi di lavoro piuttosto che abdicare , teme di perdere l'abitudine a fare queste cose, pensa al giorno, che spera naturalmente imminente, in cui il mio rientro a lavoro le riconsegnerà quelle incombenze dalle quali ora potrei sollevarla.
Posso comprenderla, ma vorrei poter riequilibrare , almeno in parte, questo squilibrio, desidero ritornare ad un ruolo la cui attività non fosse solo quella di andare a riscuotere l'assegno della mobilità una volta al mese, risentirmi attivo, riconquistare il mio ruolo di cooperatore nella conduzione della mia famiglia.
Per trenta anni mi sono svegliato ogni mattina avendo ben chiaro quale fosse il mio dovere e quanto fosse importante che lo compissi nel migliore dei modi. Sul lavoro ho superato mille avversità con la forza di chi sa bene che quella era la mia vita, indipendentemente da quanto la potessi amare
Ho respinto, tante volte , la tentazione di mandare tutto all'aria con la consapevolezza che c'era qualcuno che contava su di me, aveva fiducia in me e che non la avrei mai potuto mai tradire. La sera tornavo a casa stanco, con il viso, le mani e la tuta sporche ma la coscienza pulita e la fierezza di chi ancora una volta ha saputo vincere la sua battaglia . La gioia di rivedere mia moglie e mio figlio faceva scomparire ogni malumore,accumulato, mi riconciliava con l'idea che una nuova giornata di faticoso lavoro sarebbe arrivata. Ora che tutto questo mi è stato tolto è come se mi avessero rapinato di una parte di me e della mia vita, ora tutto mi appare privo di senso, io stesso stento a riconoscermi, a capire chi sarò e quale sarà il mio ruolo in futuro, e soprattutto se avrò più una chiara visione di ciò che la società vuole che io faccia.Considerazioni sul ruolo delle casalinghe

Ora non dovrei essere qui, di fronte alla tastiera di questo computer a scrivere queste cose che nemmeno io , probabilmente , rileggerò. Dovrei essere sul mio posto di lavoro, a compiere il mio dovere di uomo, di padre e di marito. Dovrei poter assumere il mio ruolo affinché lo schieramento di battaglia della mia famiglia non mostri punti scoperti ed indifesi in quella battaglia che è la vita.
Invece sono qui, incatenato a questa sedia, computer aperto ad aspettare un messaggio di risposta alle tante richieste d'aiuto che ho mandato.
Sono passati tre mesi da quel fatidico giorno in cui mi sono ritrovato senza un lavoro e nel frattempo ho mandato il mio curriculum vitae a decine di annunci di lavoro, mi sono raccomandato a tutti i pochi santi del mio paradiso, ho bussato a mille porte e effettuato altrettante telefonate,senza ottenere alcun risultato e, ancor peggio, senza ricevere risposte.
Mia moglie nel frattempo ha preso in mano la situazione ed ha trovato da fare delle ore nelle di pulizie nelle case altri e così quell'equilibro che ha retto per anni la nostra famiglia si è spezzato e ora tutto il peso grava sulle sue spalle . Non so dire quanto questo mi rattristi e umili, tanto più che vorrei darle una mano almeno nelle faccende di casa, rifare i letti, spazzare, dare un cencio in terra, lavare i piatti ( la nostra lavastoviglie si è rotta proprio nel momento più opportuno, non può essere riparata ma deve essere sostituita, tanto per dire la fortuna ) imparare a cucinare qualcosa, ma lei non vuole assolutamente. E' troppo gelosa delle sue prerogative, troppo innamorata del suo piccolo regno per permettere a qualcuno di interferire nella sua conduzione, preferisce massacrarsi di lavoro piuttosto che abdicare , teme di perdere l'abitudine a fare queste cose, pensa al giorno, che spera naturalmente imminente, in cui il mio rientro a lavoro le riconsegnerà quelle incombenze dalle quali ora potrei sollevarla.
Posso comprenderla, ma vorrei poter riequilibrare , almeno in parte, questo squilibrio, desidero ritornare ad un ruolo la cui attività non fosse solo quella di andare a riscuotere l'assegno della mobilità una volta al mese, risentirmi attivo, riconquistare il mio ruolo di cooperatore nella conduzione della mia famiglia.
Per trenta anni mi sono svegliato ogni mattina avendo ben chiaro quale fosse il mio dovere e quanto fosse importante che lo compissi nel migliore dei modi. Sul lavoro ho superato mille avversità con la forza di chi sa bene che quella era la mia vita, indipendentemente da quanto la potessi amare
Ho respinto, tante volte , la tentazione di mandare tutto all'aria con la consapevolezza che c'era qualcuno che contava su di me, aveva fiducia in me e che non la avrei mai potuto mai tradire. La sera tornavo a casa stanco, con il viso, le mani e la tuta sporche ma la coscienza pulita e la fierezza di chi ancora una volta ha saputo vincere la sua battaglia . La gioia di rivedere mia moglie e mio figlio faceva scomparire ogni malumore,accumulato, mi riconciliava con l'idea che una nuova giornata di faticoso lavoro sarebbe arrivata. Ora che tutto questo mi è stato tolto è come se mi avessero rapinato di una parte di me e della mia vita, ora tutto mi appare privo di senso, io stesso stento a riconoscermi, a capire chi sarò e quale sarà il mio ruolo in futuro, e soprattutto se avrò più una chiara visione di ciò che la società vuole che io faccia.

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Un disoccupato è come un malato

Per curare il suo male deve affidarsi alle attenzioni di chi malato non è: Ma chi non è malato può capire solo in parte cosa voglia dire esserlo. Come un dolore, anche una malattia vive nell'attimo stesso in cui si scatena e una volta passata ne conserviamo solo il ricordo.
La disoccupazione è una calamità, una forza tremenda che interferisce sulla tua vita interrompendone lo svolgimento.
Certo, un disoccupato non soffre di dolori fisici, non si deve mettere a letto, non mostra segni esteriore del suo stato, ma come un malato ha bisogno di essere curato, deve poter credere di poter guarire, di poter tornare ad essere quello che era, di poter svolgere ancora il suo compito. Vive in un corto circuito che se non viene prontamente riparato, è capace di lasciare danni irreversibili, nella sua psiche e in quella di interi nuclei familiari, ne compromette le aspettative e il futuro.
Le nazioni moderne spendono centinaia di miliardi per dare ai loro cittadini il diritto alle cure mediche, mettono a disposizione immense risorse economiche ed umane per salvaguardare il diritto di ognuno alla salute . Nessuno potrebbe nemmeno pensare di porre dei limiti a questo servizio, nessuno potrebbe dare mai ad un malato un tempo massimo per guarire, sorpassato il quale perderebbe il diritto alle cure ( salvo naturalmente accertata frode, malafede o approfitto ) e contemporaneamente ad ognuno viene assicurato tutta l'assistenza e l'aiuto necessario.
Per la disoccupazione non viene applicato lo stesso criterio, l'aiuto concesso è scarso e a scadenza mentre poche o nulle risorse vengono destinate al problema. In uno stato come l'Italia la cui Costituzione declama ( almeno fino ad oggi ) nel Primo dei suoi articoli proprio l'assoluto diritto al Lavoro ,questo problema viene posto, nella realtà concreta, in secondo piano rispetto ad altri, marginalizzato, quasi nascosto.
Al di fuori di interventi di indennizzo momentaneo come la cassa integrazione, l'assegno di mobilità e quello di disoccupazione non si fa nulla per incidere a fondo sul problema.
Eppure basta fare un giro per le periferie delle nostre città per scoprire interi appezzamenti di terreno abbandonati che potrebbero essere coltivati, fabbriche dismesse che potrebbero essere riadattate a funzioni diverse, magari a musei ove esporre quel l'immenso patrimonio d'arte che , invece teniamo nascosti nei sotterranei dei nostri musei, e dare così lavoro e creare nuove professionalità, : E ancora , chilometri di spiagge e pinete che potrebbero essere pulite, trasformate in parchi gioco, in attrazioni. Meravigliosi angoli di paradiso abbandonati a cui si potrebbe ridare vita ,e altre infinite possibilità di offrire lavoro volutamente ignorate.
Non ho dubbi che tutti noi, i due milioni di disoccupati Italiani saremmo ( almeno in massima parte) ben felici di uscire dalle secche di un'affannosa e spesso frustrante e vana ricerca individuale di un lavoro, di poter vedere trasformata quella che è “ un 'elemosina “ in una fonte di onesto guadagno. L'intera nazione ne trarrebbe un beneficio sia economico che sociale perché trasformerebbe un investimento di miliardi “ a perdere “ in lavori il cui costo sarebbe abbondantemente controbilanciato dal ricavato, ne guadagnerebbe il turismo e il nostro valore internazionale, oltre alla salute pubblica con conseguente risparmio di cure mediche perché aumenterebbe la felicità collettiva.
Questo ragionamento mi appare così semplice che non riesco a capire come mai non ci si incammini in questa direzione. Per quanto mi sforzi , seppur con la mia limitata intelligenza , non riesco a trovare una sola ragione di questo immobilismo che non induca al sospetto di una ben precisa volontà politica. contraria al cambiamento.
La realizzazione di tali iniziative avrebbe come conseguenza la nascita di nuove opportunità per persone che sono state, fino ad ora , tenute ben lontane dalla ristretta lobby che detiene il potere economico in Italia . Costoro non vogliono avere concorrenti, non vogliono avere qualcuno con cui poter spartire la torta. La loro visione della vita è “ feudale “ ( qualcuno potrebbe dire “ mafiosa “ ) si sono spartiti l'intera nazione l'hanno divisa in piccoli regni di cui ognuno di loro ha il pieno potere. Tutto deve passare attraverso le loro mani, ogni iniziativa deve portare a loro nuove ricchezze, ogni assunzione deve soddisfare i loro requisiti. Ogni terreno incolto deve rimanere così perché prima o poi diventerà area edificabile e permettere una speculazione, ogni fabbrica dismessa potrà servire allo stesso scopo e ogni spiaggia incolta od ogni pineta abbandonata deve creare un'ostacolato insormontabile per chiunque abbia anche solo il pensiero di farsi concorrente al loro potere e alla loro supremazia. .
E i disoccupato ? Quelli vanno tenuti in vita con le elemosine, affinché la rabbia e la fame non li spinga “ all'assalto dei forni “ di Manzoniana e scolastica memoria, ma nello stesso tempo debbono essere talmente occupati dalla ricerca di lavoro da non avere il tempo di organizzarsi e marciare, compatti, contro il loro potere.